Fino agli anni ’80 si riteneva che ci fosse un solo tipo di intelligenza e che il suo livello fosse fissato fin dalla nascita e per tutta la vita – il cosiddetto Q.I. o Quoziente di Intelligenza, misurabile con test appositamente strutturati che registrano prevalentemente il livello delle capacità logico-matematiche e linguistiche di un individuo.
Ma nel 1983 il docente di Pedagogia di Harward Howard Gardner pubblicò un testo rivoluzionario, Frames of Mind. The Theory of Multiple Intelligence (Formae Mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, 1987), nel quale, a seguito di numerosissime ricerche, ipotizza l’esistenza di sette diversi tipi di intelligenza (linguistica, matematica, intrapersonale, interpersonale, cinestetica, musicale e visivo-spaziale), ovvero potenzialità biologiche presenti fin dalla nascita e osservabili empiricamente (quanto a comportamenti, tendenze e abilità espresse). A metà degli anni ‘90 Gardner ha ipotizzato l’esistenza di due nuove forme di intelligenza, quella naturalistica e quella esistenziale, non escludendo che in futuro se ne potessero individuare altre.
Questa teoria è dunque un modello che tiene conto di tutte le doti che abbiamo, non solo di quelle “accademiche”. Ogni intelligenza è una sorta di talento che viene usato da ciascuno come canale preferenziale per conoscere se stessi e il mondo esterno.
Le intelligenze non sono mai isolate (Gardner ne parla come di “dispositivi semiautonomi di elaborazione delle informazioni”) ma interagiscono sempre una con l’altra in modi complessi. In ogni essere umano queste intelligenze presentano dunque una diversa combinazione quanto a livelli di sviluppo, rendendo unico il profilo intellettivo di ciascuno; in assenza di specifiche patologie limitanti l’attività celebrale siamo perciò tutti intelligenti ma in modi diversi. Ognuno di noi possiede, in vario grado, tutte le diverse intelligenze (ovvero Gardner assume l’assunto teorico dell’impossibilità dell’assenza totale anche di un solo tipo di intelligenza nella persona cerebralmente normodotata, il che aiuta a superare il pregiudizio che alcuni soggetti siano “negati” nei confronti di alcune discipline).
Tutti i bambini, per esempio, hanno abilità musicali, ma qualcuno diventerà compositore, qualcuno cantante o musicista e tutti gli altri, la maggioranza, durante la loro vita semplicemente ascolteranno con piacere la musica o balleranno.
Se riceveranno gli stimoli adeguati, tutti i bimbi possono diventare sufficientemente competenti in ciascuna delle intelligenze. Gardner ritiene che l’evolversi e il raggiungimento di gradi più o meno elevati di ciascuna intelligenza risulti condizionato da fattori genetici, ma che dipenda anche dalle opportunità di apprendimento offerte da un particolare contesto culturale/dagli stimoli ambientali. Non basta dunque individuare le inclinazioni personali di un individuo, occorre esercitarle e valorizzarle; in caso contrario rimarranno in uno stato embrionale. Poiché la teoria delle intelligenze multiple sostiene che non si resta vincolati al profilo di intelligenza con cui si è nati, una volta compresi i punti di forza di un bimbo, lo si potrà aiutare ad usarli a suo vantaggio, mentre lavorando sui suoi punti deboli lo si potrà aiutare a migliorare.
La scuola ha dunque il molteplice compito di scoprire, valorizzare, compensare e stimolare ogni singola intelligenza, offrendo al bambino la possibilità di avere successo, dando risalto anche a intelligenze ritenute “meno nobili” in base ai parametri della cultura e della società “razionale”. Dato che i fattori biologici hanno indubbiamente la loro influenza, non sarà possibile sviluppare in tutti allo stesso modo tutte le intelligenze, ne’ tantomeno condurle a livelli di eccellenza ove siano mancanti i presupposti genetici. Tuttavia, utilizzando l’approccio delle intelligenze multiple, aumenteranno le probabilità che ognuno possa essere stimolato ad acquisire le competenze basilari di ogni disciplina, raggiungendo invece alti livelli in uno o più ambiti dove si evidenziano maggiori potenzialità.
La teoria delle intelligenze multiple presuppone dunque:
- una nuova visione del bambino “da educare”, che non è più solo qualcuno a cui trasmettere conoscenze, ma un essere “a più dimensioni”, attivo e “protagonista” del processo di apprendimento, poiché le diverse intelligenze lo rendono capace di operare e conoscere la realtà attraverso vari codici interpretativi.
- una nuova visione dell’insegnante, che deve essere capace di leggere le diverse abilità dei bambini (come afferma Gardner: “Non siamo tutti uguali, non abbiamo tutti lo stesso tipo di mente”), tutte ugualmente di valore; che sappia trattare i singoli argomenti usando modalità differenti (es. conversazioni, attività visive, simulazioni pratiche, giochi e indovinelli logici, movimenti creativi, canto, ecc); che prediliga l’esperienza diretta dei bambini in relazione all’oggetto della conoscenza da acquisire; che operi in spazi e con tempi flessibili.
Per concludere ecco una breve descrizione dei diversi tipi di intelligenza:
– linguistica, che implica la propensione all’ascolto e alla produzione verbale, ovvero la capacità di impadronirsi rapidamente di termini nuovi, di usare il linguaggio in modo creativo e di mostrare interesse per i giochi di parole;
– musicale, che si manifesta con la propensione e sensibilità al mondo dei suoni (variazioni di tono, timbro, riproduzione e invenzione di strutture ritmiche), alla musicalità e al canto individuale e corale;
– logico-matematica, che si manifesta nelle abilità di quantificazione, calcolo, logica, di generalizzazione delle regole apprese applicandole a diversi contesti, di elaborazione di strategie risolutive di un problema, di cogliere relazioni tra le cose, in un processo che conduce all’approccio al ragionamento astratto;
– visivo-spaziale, che si traduce nella sensibilità al mondo dell’arte, delle forme, dei colori e nell’abilità di rielaborazione «artistica» della realtà e/o degli stati emotivi (riproduzione plastico/grafica), nonché nell’attenzione per le relazioni spaziali (capacità di orientarsi nello spazio fisico e di ritrovare e collocare oggetti rispetto a determinati punti di riferimento). Questa intelligenza è funzionale altresì allo sviluppo dei prerequisiti della scrittura e della lettura;
– corporeo-cinestetica, che permette il controllo del proprio corpo, la coordinazione dei movimenti, l’espressività attraverso la mimica e la gestualità, abilità nel movimento libero e guidato, la capacità di equilibrio statico e dinamico, abilità nelle attività fino-motorie, la coordinazione oculo-manuale;
– intrapersonale, che implica la capacità di comprendere e gestire le proprie emozioni (esprimendole anche attraverso linguaggi alternativi a quello verbale) e le situazioni che le hanno determinate, di attuare comportamenti all’insegna dell’autonomia (quanto ad assolvere alle principali necessità quotidiane connesse all’igiene, all’alimentazione, alla cura di se’ e al saper operare scelte coerenti con i propri gusti e desideri, piuttosto che lasciarsi condizionare dal fattore imitativo), di conoscere i propri punti di forza e di debolezza, di portare a termine i compiti assegnati senza la necessità di continue sollecitazioni e aiuti esterni;
– interpersonale, che implica l’abilità di comprendere i bisogni, le intenzioni e le motivazioni degli altri sviluppando relazioni empatiche, nonché la capacità di assumere ruoli di leader, mediatore dei conflitti e organizzatore. Il bambino che eccelle in questo ambito è il cosiddetto bambino socievole che interagisce spontaneamente con adulti e coetanei, che prende parte ai giochi e alle attività di gruppo con entusiasmo o che tenta di coinvolgere gli altri nelle proprie iniziative.
– esistenziale, che riguarda la capacità di riflettere su tematiche «filosofiche» (ad es. il senso della vita, della morte, i valori e la giustizia) e di dare risposte personali ai diversi «perché», che sono prerogativa dell’età infantile;
– naturalistica, che implica l’interesse per piante, animali e i fenomeni naturali come l’avvicendarsi delle stagioni, un approccio multisensoriale alla realtà, l’attitudine alle sperimentazioni.